04 marzo, 2013

Descrizione, analise e interpretazione di tre immagini dell'altare di Verdun





Introduzione



Lo scopo di questo lavoro e servire come paper di conclusione del corso sulla lettura allegorica e/o tipologica della Scrittura attraverso le immagini. A questo proposito, sarà fatta l’analisi di tre delle tavole che compongono l’altare di Verdun, fatto da Nicola di Verdun nel anno 1181.
Le tavole che saranno sottoposte all’analise sono questi, rappresentate plasticamente:















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Tabella 1: Tavole dell'altare di Verdun

La prima riga rappresenta gli episodi scrituristici che antecedono la Legge, quelli della seconda riga, gli episodi detti “sotto la Grazia” e, la terza riga, “sotto la legge”. Le tre tavole sono: L’arca di Noè, la venuta dello Spirito Santo e Mosé nel Sinai.


I – Arca Noe

 

a)      Descrizione preiconografica

Domina la rappresentazione una costruzione, con un’area delimitata e fatta a tre piani: due più vicini e il terzo, separato da una copertura in forma di tetto. Il tetto è fatto, al contrario del materiale della costruzione, di piccoli pezzi, removibili, probabilmente, tegole. La costruzione è una sorta di barca, perché ancora è immensa nella terra, prima di vegetazione; probabilmente, una terra fangosa che immerge ancora un poco la sorta di barca. La copertura, fatta a due livelli, protegge dal sole e, permette di fa scorrere l’acqua, mantiene all’asciutto coloro che si trovano dentro.
Una porta e delle finestre – in tutti i due piani – fanno di contatto con l’esterno. In queste finestre, nel piano di sotto, si può vedere la presenza di animali; e, la presenza di una copia – un uomo e una donna –, nel piano di sopra. Dalla porta principale esce un uomo con una barba protuberante, anziano. Tra gli animali, sono identificabili nelle finestre di sotto, dalla destra alla sinistra: un uccello, probabilmente un’aquila, un maiale, un paio di uccelli e un roditore. Nel secondo livello: una capra, un asino, un altro animale, difficile da identificare e una scimmia.
L’anziano, come che uscendo dalla barca, si rivolge verso un uccello, che venendo la lui, porta con se un ramoscello.
Staccato da questa scena, appare una costruzione, fatta a mattoni e con una divisione nella parte posteriore, racchiudendo al suo interno alcuni animali, sei in totale, di diverse specie. Questo oggetto è meritevole di tre diversi tipi di descrizioni: che sia un recinto, e quindi, uno dei tre livelli dell’arca; che sia la porta che sigilla la barca e, che, aperta permetterebbe a Noè di uscire; che sia una sorta di tavolo, una volta che è fatta da piccoli pezzi sovrapposti, sembrerebbero mattoncini.
La forma triangolare sovrapposta ad un’altra retagolare può fare pensare che sia una porta scorrevole in senso verticale-orizontale. Tuttavia, rimani l’incognita in quello che riguarda al materiale usato nella sua costruzione e il fatto che ci siano degli animali rinchiusi dentro della stessa. Tra gli animali che si trovano dentro di questa porta o tavolo possono essere identificati: al centro, un leone e intorno a lui, un asino, un cavallo, un coniglio, un maiale e un cervo.

b)     Analisi iconografica

L’immagine fa riferimento, come conferma l’iscrizione latina che circonda l’icona, all’episodio biblico dell’arca de Noè[1]. Cosi, la costruzione galleggiante corrisponderebbe all’arca fatta di legno che Dio ha comandato a Noè di costruire: «fatti un'arca di legno di gofer; falla a stanze, e spalmala di pece di dentro e di fuori»[2]. L’arca fatta a tre piani, è rappresentata da ogni livello di finestra e osserva la descrizione del libro della Genesi che richiede la presenza di una porta, messa da un lato[3].
La diversità degli esseri viventi, tra quelli che si posso vedere nelle finestre, rappresenta il commando di Dio di far entrare nell’arca due di ogni specie, «per conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina»[4]. Il maschio e la femmina sono, chiaramente, rappresentati dal uomo e dalla donna, che si incontrano sul livello più alto dell’arca, affacciati alla finestra. Gli animali rappresentano il bestiame, gli uccelli, i rettili, cioè, tutti gli esseri viventi – puri e impuri – che Dio decise di conservare: «degli uccelli secondo le loro specie, del bestiame secondo le sue specie e di tutti i rettili della terra secondo le loro specie, due di ogni specie verranno a te, perché tu li conservi in vita»[5].
L’anziano è il personaggio biblico Noè, e la sua anzianità è rappresentata dalla lunga barba. Infatti, secondo il racconto biblico, al momento che Dio decise di sterminare la terra l’uomo e gli animali che esistevano[6], Noè aveva seicento anni[7]; e, seicentouno quando il diluvio finiva[8]. Nello stendere la mano verso l’uccello che viene al suo incontro e raccoglie un ramoscello che questo portava, Noè è rappresentato nel momento in cui, secondo il passaggio biblico, lui aveva spedito una colomba per vedere se con la fine del diluvio, la terra se era asciugata. La rappresentazione coglie proprio questo momento: quando l’uccello «tornò da lui verso sera; ed ecco, aveva nel becco una foglia fresca d'ulivo»[9].
Riguardo all’oggetto che appare staccato dall’arca, possono esserci due interpretazioni: o è la porta dell’arca, e rimani il problema della ragione per la quale, al di là di essere tatto da un materiale diverso da quella usato nella rappresentazione di tutta l’arca, il fatto che ripeta, alcuni degli animali già presenti nelle finestre dell’arca. A questo problema si può giustificare argomentando che fosse il desiderio dell’autore rappresentare le coppie di animali che Dio aveva chiesto a Noè di mettere dentro dell’arca. Tuttavia, se prendiamo in considerazione che
Tra gli animali che si trovano dentro di questa porta o tavolo possono essere identificati: al centro, un leone e intorno a lui, un asino, un cavallo, un coniglio, un maiale e un cervo, animali con zoccoli, quindi, impuri secondo la tradizione ebraica; scartando, cosi, la possibilità che questo rappresenti l’altare in cui, dopo il diluvio, Noè ha offerto olocausti con degli animali puri di ogni specie[10].

c)      Interpretazione iconografica

Questo pezzo dell’altare incontrasi nella parte posteriore, dove Nicola da Verdun ha voluto mettere tutti gli episodi biblici della epoca ante lege; come dice la stessa scrittura che circonda l’immagine: legi in questo uccello il dono dello Spirito, nel quale [con il quale] scorre [viene, proviene] ogni bene. In verità Nicola cerca di collegare questa tavola a quelle che la susseguono in linea verticale: la venuta dello Spirito Santo e la montagna di Sinai. La colomba, qui rappresentata come annunciatrice della fine del diluvio e del asciugare la terra e solo il dono dello Spirito e non lo Spirito stesso, da dove proviene ogni bene, compresso quello della conservazione (sopravivenza) di tutti coloro che sono stati messi dentro dell’arca. Noè, l’uomo giusto che nella letteratura medioevale – come può testimoniare il Liber figurarum dello scriptorium di Fiore– rappresenta Dio Padre e pare che qui, questa sia proprio l’intenzione de Nicola di Verdun.

II – Adventus Spiritvc Sancti

a)      Descrizione preiconografica


In questa tavola si trovano 12 uomini. Seduti in forma semicircolare. Questi varoni portano delle tonache e, al centro di questi, due sono messi in distacco: uno, perché è l’unico a portare in mano una chiave, e l’altro che, si trova, a differenza degli altri, con il capo leggermente chinato. Verso di loro si incamminano 12 strisce, in direzione dall’alto verso il basso, più precisamente, da una nuvola fatta a due livelli. L’origine della striscia è il primo livello della nuvola, passando per il secondo livello, e indirizzandosi verso il basso. Questa striscia che all’origine era unica, di spezza in dodici parti corrispondenti al numero dei varoni. Tutti si trovano con la mano rivolta verso l’alto e tra questi, alcuni hanno la barba.

b)     Analisi iconografica

La tavola ha una corrispondenza con la narrazione della discesa dello Spirito Santo, nel giorno di Pentecoste[11]. Qui è rappresentato il momento esatto della discesa quando tutti i dodici – secondo il racconto degli Atti, avevano già scelto Mattia al posto di Guida Iscariota –, «erano insieme nello stesso luogo»[12]. Il cielo, da dove provengono le lingue come di fuoco[13], è rappresentato dalla nuvola fatta a due livelli. Con un’unica provenienza, le lingue come di fuoco, che rappresentano il dono dello Spirito Santo, «si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro»[14]. Tra tutti coloro che erano lì in quel giorno, appare, portando una chiave in mano, San Pietro[15]. L’altro personaggio, di spalle e con il capo chinato può rappresentare, o l’attesa dello Spirito o San Giovanni, identificato nelle iconografie dell’ultima cena come colui che «stava adagiato proprio accanto a Gesù»[16].

c)      Interpretazione iconografica

Questa tavola intitolata dallo stesso Nicola come Avvento dello Spirito Santo rappresenta, come scrive lo stesso autore, Il Dio fuoco (come fuoco, in forma di fuoco) a dato a questi parlare a quelli in tutte le lingue (nelle lingue di tutte le genti).
Rappresentando l’epoca sub gratia, l’immagine cerca di dimostrare la pienezza della pentecoste nel momento in cui raffigura la presenza trinitaria: la nuvola fatta a due livelli rappresenta in Padre e il Figlio; e, le lingue, come di fuoco, lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio.

III – Mons Sinay

a)      Descrizione preiconografica

L’immagine presenta, nella parte posteriore sinistra un anziano che esce da una nuvola e con la testa aureolata. Al suo fianco appaiono tre viventi, di forma umana pero alati. Questi tre suonano fortemente uno strumento in forma di tromba.
La parte inferiore della rappresentazione appare un monte, ondulato con tre vasi sulla sua cima. Dei vasi escono come che fuoco o fumo. Ancora salendo il monte appare un anziano ugualmente aureolato che riceve dall’anziano che esce dalla nuvola una sorta di messaggio scritto su un materiale pieghevole.

b)     Analisi iconografica

Nicola di Verdun, in questa tavola, rappresenta le vicende del monte Sinai all’epoca di Mosè, più precisamente, i dialoghi tra Mosè e Dio e la consegna dei comandamenti[17]. Al centro della rappresentazione c’è Mosè che sale all’incontro di Dio nel Sinai. L’aureola rappresenta proprio questo contatto di Lui con Dio, che lo santifica per il fatto che lui abbia fatto la sua volontà. Infatti, dice la Scrittura: «Mosè salì verso Dio. Il Signore lo chiamò dalla montagna, dicendo: […] “voi sarete per me un regno di sacerdoti, una nazione santa”»[18]. E Dio compie la promessa venendo da Mosé su una nube manifestandosi in modo tale che il popolo possa dare credibilità alle parole di Mosè[19]. Più precisamente, la scena rappresentata è quello del terzo giorno – probabilmente per questo che ci sono tre vasi –, quando la manifestazione teofania si fa ancora più potente, già che, in quel giorno, «il terzo giorno, al mattino, ci furono tuoni, lampi, una nube densa sulla montagna e un suono molto potente di tromba»[20]. Il monte è rappresentato nel momento in cui Dio scende. Il monte trema, per questo la rappresentazione del monte è ondulata e i tre vasi sono li, sulla cima, rappresentando l’aspetto fumante del monte: «Il monte Sinai era tutto fumante, perché il Signore era sceso su di esso nel fuoco: il suo fumo saliva come il fumo di un forno e tutto il monte tremava molto»[21]. Probabilmente la Scrittura che esce dalla mano di Dio ed è consegnata a Mosè è quella in cui il Libro dell’Esodo apre l’annunzio dei comandamenti: «“Io sono il Signore, tuo Dio, […]”»[22].

c)      Interpretazione iconografica

In questa parte, messa nell’epoca sub lege, Nicola di Verdun ha lasciato la seguente iscrizione: Montagna di Sinai. La legge di fuoco infiamma degnamente a Mosè nel fuoco (col suo fuoco). Si può restare alla scena qui rappresentata o si può andare oltre, vedendo in Mosè, la figura di Cristo, nell’anziano che scende della nuvola, la figura del Padre e nei tre vasi sulla cima del monte, il Fuoco dello Spirito che purifica e santifica Mosè e il suo popolo. Pur essendo annacronica, può essere un’anticipazione. Tuttavia, en si trattando di rappresentazione fatta per essere messa su un altare, sarebbe importante andare ancora un poco avanti nella narrazione biblica perché, il patto tra Dio e il popolo finisce con Mosè che obbedendo a Dio, costruisce un altare per offrire sacrifici a Dio che si rivela.
«Farai per me un altare di terra e vi sacrificherai sopra i tuoi olocausti, i tuoi sacrifici di comunione, il tuo gregge e i tuoi armenti: in ogni luogo in cui ricorderò il mio nome, verrò da te e ti benedirò. Se farai per me un altare di pietra, non lo costruirai di pietra tagliata, perché colpendolo con la tua lama lo profaneresti. E non salirai al mio altare per mezzo di gradini, perché là non si mostri la tua nudità»[23].

Conclusione

Le tre tavole dell’altare di Verdun sono, chiaramente, una lettura tipologica degli avvenimenti scrituristici e fanno riferimento all’unico sacrificio: quello di Cristo. Nel caso della tavola centrale – della venuta dello Spirito Santo – è in stretta consonanza con quelli delle due altre “età”. Anzi, è la certezza di che, su questo altare, fatto da Verdun, c’è la continuità del dono fatto a tutti coloro che erano radunati insieme, nel giorno della Pentecoste; e, con questa rappresentazione, Nicola evoca la consonanza tra la missione degli Apostoli e l’eucaristia celebrata su l’altare fatto da lui.

VI – Bibliografia

Guerrini, P., «Il liber figurarum» Florencia, 51 (2001).
Bibbia di Gerusalemme, Bologna, EDB, 199916.
BibleWorks™, 1992-2003 BibleWorks, LLC.


[1] Cf. Genesi 6,5 - 8,22.
[2] Gen 6,14.
[3] Cf. Gen 6, 15-16.
[4] Gen 6,19.
[5] Gen 6, 20; Cf. Gen 7, 2-3; 8-9.
[6] Cf. Gen 6, 7.
[7] Cf. Gen 7, 6.
[8] Cf. Gen 8, 13.
[9] Gen 8, 11.
[10] Cf. Gen 8, 20.
[11] Cf. At 2,1-3.
[12] At 2,1.
[13] Cf. At 2,3.
[14] Ibid.
[15] Cf. Mt 16,18-19.
[16] Gv 13,23.
[17] Cf. Es 19,1–20,26.
[18] Es 19, 3,6a.
[19] Cf. Es 19,9.
[20] Es 19,16.
[21] Es 19,18.
[22] Es 20,2.
[23] Es 20,24-26.

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