Introduzione
Lo scopo di questo lavoro e servire come paper di conclusione del corso sulla lettura
allegorica e/o tipologica della Scrittura attraverso le immagini. A questo
proposito, sarà fatta l’analisi di tre delle tavole che compongono l’altare di
Verdun, fatto da Nicola di Verdun nel anno 1181.
Le tavole che saranno sottoposte all’analise sono
questi, rappresentate plasticamente:
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Tabella 1: Tavole dell'altare di Verdun
La prima riga rappresenta gli episodi
scrituristici che antecedono la
Legge, quelli della seconda riga, gli episodi detti “sotto la Grazia” e, la terza riga,
“sotto la legge”. Le tre tavole sono: L’arca di Noè, la venuta dello Spirito
Santo e Mosé nel Sinai.
I – Arca Noe
a) Descrizione preiconografica
Domina la rappresentazione una costruzione, con
un’area delimitata e fatta a tre piani: due più vicini e il terzo, separato da
una copertura in forma di tetto. Il tetto è fatto, al contrario del materiale
della costruzione, di piccoli pezzi, removibili, probabilmente, tegole. La
costruzione è una sorta di barca, perché ancora è immensa nella terra, prima di
vegetazione; probabilmente, una terra fangosa che immerge ancora un poco la
sorta di barca. La copertura, fatta a due livelli, protegge dal sole e,
permette di fa scorrere l’acqua, mantiene all’asciutto coloro che si trovano
dentro.
Una porta e delle finestre – in tutti i due piani
– fanno di contatto con l’esterno. In queste finestre, nel piano di sotto, si può
vedere la presenza di animali; e, la presenza di una copia – un uomo e una
donna –, nel piano di sopra. Dalla porta principale esce un uomo con una barba
protuberante, anziano. Tra gli animali, sono identificabili nelle finestre di
sotto, dalla destra alla sinistra: un uccello, probabilmente un’aquila, un
maiale, un paio di uccelli e un roditore. Nel secondo livello: una capra, un asino,
un altro animale, difficile da identificare e una scimmia.
L’anziano, come che uscendo dalla barca, si
rivolge verso un uccello, che venendo la lui, porta con se un ramoscello.
Staccato da questa scena, appare una costruzione,
fatta a mattoni e con una divisione nella parte posteriore, racchiudendo al suo
interno alcuni animali, sei in totale, di diverse specie. Questo oggetto è
meritevole di tre diversi tipi di descrizioni: che sia un recinto, e quindi,
uno dei tre livelli dell’arca; che sia la porta che sigilla la barca e, che,
aperta permetterebbe a Noè di uscire; che sia una sorta di tavolo, una volta
che è fatta da piccoli pezzi sovrapposti, sembrerebbero mattoncini.
La forma triangolare sovrapposta ad un’altra
retagolare può fare pensare che sia una porta scorrevole in senso
verticale-orizontale. Tuttavia, rimani l’incognita in quello che riguarda al
materiale usato nella sua costruzione e il fatto che ci siano degli animali
rinchiusi dentro della stessa. Tra gli animali che si trovano dentro di questa
porta o tavolo possono essere identificati: al centro, un leone e intorno a lui,
un asino, un cavallo, un coniglio, un maiale e un cervo.
b) Analisi iconografica
L’immagine fa riferimento, come conferma
l’iscrizione latina che circonda l’icona, all’episodio biblico dell’arca de Noè[1].
Cosi, la costruzione galleggiante corrisponderebbe all’arca fatta di legno che
Dio ha comandato a Noè di costruire: «fatti un'arca di legno
di gofer; falla a stanze, e spalmala di pece di dentro e di fuori»[2]. L’arca
fatta a tre piani, è rappresentata da ogni livello di finestra e osserva la
descrizione del libro della Genesi che richiede la presenza di una porta, messa
da un lato[3].
La diversità degli esseri viventi, tra quelli che
si posso vedere nelle finestre, rappresenta il commando di Dio di far entrare
nell’arca due di ogni specie, «per
conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina»[4]. Il
maschio e la femmina sono, chiaramente, rappresentati dal uomo e dalla donna,
che si incontrano sul livello più alto dell’arca, affacciati alla finestra. Gli
animali rappresentano il bestiame, gli uccelli, i rettili, cioè, tutti gli
esseri viventi – puri e impuri – che Dio decise di conservare: «degli uccelli secondo le loro specie, del
bestiame secondo le sue specie e di tutti i rettili della terra secondo le loro
specie, due di ogni specie verranno a te, perché tu li conservi in vita»[5].
L’anziano è il personaggio biblico Noè, e la sua
anzianità è rappresentata dalla lunga barba. Infatti, secondo il racconto
biblico, al momento che Dio decise di sterminare la terra l’uomo e gli animali
che esistevano[6], Noè aveva seicento anni[7]; e,
seicentouno quando il diluvio finiva[8]. Nello
stendere la mano verso l’uccello che viene al suo incontro e raccoglie un
ramoscello che questo portava, Noè è rappresentato nel momento in cui, secondo
il passaggio biblico, lui aveva spedito una colomba per vedere se con la fine
del diluvio, la terra se era asciugata. La rappresentazione coglie proprio questo
momento: quando l’uccello «tornò da lui
verso sera; ed ecco, aveva nel becco una foglia fresca d'ulivo»[9].
Riguardo all’oggetto che appare staccato dall’arca,
possono esserci due interpretazioni: o è la porta dell’arca, e rimani il
problema della ragione per la quale, al di là di essere tatto da un materiale
diverso da quella usato nella rappresentazione di tutta l’arca, il fatto che
ripeta, alcuni degli animali già presenti nelle finestre dell’arca. A questo
problema si può giustificare argomentando che fosse il desiderio dell’autore
rappresentare le coppie di animali che Dio aveva chiesto a Noè di mettere
dentro dell’arca. Tuttavia, se prendiamo in considerazione che
Tra gli animali che si trovano dentro di questa
porta o tavolo possono essere identificati: al centro, un leone e intorno a
lui, un asino, un cavallo, un coniglio, un maiale e un cervo, animali con zoccoli,
quindi, impuri secondo la tradizione ebraica; scartando, cosi, la possibilità
che questo rappresenti l’altare in cui, dopo il diluvio, Noè ha offerto
olocausti con degli animali puri di ogni specie[10].
c) Interpretazione iconografica
Questo pezzo dell’altare incontrasi nella parte
posteriore, dove Nicola da Verdun ha voluto mettere tutti gli episodi biblici
della epoca ante lege; come dice la
stessa scrittura che circonda l’immagine: legi
in questo uccello il dono dello Spirito, nel quale [con il quale] scorre
[viene, proviene] ogni bene. In verità Nicola cerca di collegare questa
tavola a quelle che la susseguono in linea verticale: la venuta dello Spirito
Santo e la montagna di Sinai. La colomba, qui rappresentata come annunciatrice
della fine del diluvio e del asciugare la terra e solo il dono dello Spirito e
non lo Spirito stesso, da dove proviene ogni bene, compresso quello della
conservazione (sopravivenza) di tutti coloro che sono stati messi dentro
dell’arca. Noè, l’uomo giusto che nella letteratura medioevale – come può
testimoniare il Liber figurarum dello
scriptorium di Fiore– rappresenta Dio
Padre e pare che qui, questa sia proprio l’intenzione de Nicola di Verdun.
II – Adventus Spiritvc Sancti
a) Descrizione preiconografica
In questa tavola si trovano 12 uomini. Seduti in
forma semicircolare. Questi varoni portano delle tonache e, al centro di
questi, due sono messi in distacco: uno, perché è l’unico a portare in mano una
chiave, e l’altro che, si trova, a differenza degli altri, con il capo
leggermente chinato. Verso di loro si incamminano 12 strisce, in direzione
dall’alto verso il basso, più precisamente, da una nuvola fatta a due livelli. L’origine
della striscia è il primo livello della nuvola, passando per il secondo
livello, e indirizzandosi verso il basso. Questa striscia che all’origine era
unica, di spezza in dodici parti corrispondenti al numero dei varoni. Tutti si
trovano con la mano rivolta verso l’alto e tra questi, alcuni hanno la barba.
b) Analisi iconografica
La tavola ha una corrispondenza con la narrazione
della discesa dello Spirito Santo, nel giorno di Pentecoste[11]. Qui
è rappresentato il momento esatto della discesa quando tutti i dodici – secondo
il racconto degli Atti, avevano già
scelto Mattia al posto di Guida Iscariota –, «erano insieme nello stesso luogo»[12]. Il
cielo, da dove provengono le lingue come di fuoco[13], è
rappresentato dalla nuvola fatta a due livelli. Con un’unica provenienza, le
lingue come di fuoco, che rappresentano il dono dello Spirito Santo, «si dividevano e se ne posò una su ciascuno
di loro»[14]. Tra tutti coloro che
erano lì in quel giorno, appare, portando una chiave in mano, San Pietro[15]. L’altro
personaggio, di spalle e con il capo chinato può rappresentare, o l’attesa
dello Spirito o San Giovanni, identificato nelle iconografie dell’ultima cena
come colui che «stava adagiato proprio
accanto a Gesù»[16].
c) Interpretazione iconografica
Questa tavola intitolata dallo stesso Nicola come Avvento dello Spirito Santo rappresenta,
come scrive lo stesso autore, Il Dio
fuoco (come fuoco, in forma di fuoco) a
dato a questi parlare a quelli in tutte le lingue (nelle lingue di tutte le
genti).
Rappresentando l’epoca sub gratia, l’immagine cerca di dimostrare la pienezza della
pentecoste nel momento in cui raffigura la presenza trinitaria: la nuvola fatta
a due livelli rappresenta in Padre e il Figlio; e, le lingue, come di fuoco, lo
Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio.
III – Mons Sinay
a) Descrizione preiconografica
L’immagine presenta, nella parte posteriore
sinistra un anziano che esce da una nuvola e con la testa aureolata. Al suo
fianco appaiono tre viventi, di forma umana pero alati. Questi tre suonano
fortemente uno strumento in forma di tromba.
La parte inferiore della rappresentazione appare
un monte, ondulato con tre vasi sulla sua cima. Dei vasi escono come che fuoco
o fumo. Ancora salendo il monte appare un anziano ugualmente aureolato che
riceve dall’anziano che esce dalla nuvola una sorta di messaggio scritto su un
materiale pieghevole.
b) Analisi iconografica
Nicola di Verdun, in questa tavola, rappresenta le
vicende del monte Sinai all’epoca di Mosè, più precisamente, i dialoghi tra
Mosè e Dio e la consegna dei comandamenti[17]. Al
centro della rappresentazione c’è Mosè che sale all’incontro di Dio nel Sinai.
L’aureola rappresenta proprio questo contatto di Lui con Dio, che lo santifica
per il fatto che lui abbia fatto la sua volontà. Infatti, dice la Scrittura: «Mosè salì verso Dio. Il Signore lo chiamò
dalla montagna, dicendo: […] “voi sarete per me un regno di sacerdoti, una
nazione santa”»[18]. E
Dio compie la promessa venendo da Mosé su una nube manifestandosi in modo tale
che il popolo possa dare credibilità alle parole di Mosè[19]. Più
precisamente, la scena rappresentata è quello del terzo giorno – probabilmente
per questo che ci sono tre vasi –, quando la manifestazione teofania si fa
ancora più potente, già che, in quel giorno, «il terzo giorno, al mattino, ci furono tuoni, lampi, una nube densa
sulla montagna e un suono molto potente di tromba»[20]. Il
monte è rappresentato nel momento in cui Dio scende. Il monte trema, per questo
la rappresentazione del monte è ondulata e i tre vasi sono li, sulla cima,
rappresentando l’aspetto fumante del monte: «Il monte Sinai era tutto fumante, perché il Signore era sceso su di
esso nel fuoco: il suo fumo saliva come il fumo di un forno e tutto il monte
tremava molto»[21].
Probabilmente la Scrittura
che esce dalla mano di Dio ed è consegnata a Mosè è quella in cui il Libro
dell’Esodo apre l’annunzio dei comandamenti: «“Io sono il Signore, tuo Dio, […]”»[22].
c) Interpretazione iconografica
In questa parte, messa nell’epoca sub lege, Nicola di Verdun ha lasciato
la seguente iscrizione: Montagna di
Sinai. La legge di fuoco infiamma degnamente a Mosè nel fuoco (col suo fuoco).
Si può restare alla scena qui rappresentata o si può andare oltre, vedendo in
Mosè, la figura di Cristo, nell’anziano che scende della nuvola, la figura del
Padre e nei tre vasi sulla cima del monte, il Fuoco dello Spirito che purifica
e santifica Mosè e il suo popolo. Pur essendo annacronica, può essere un’anticipazione.
Tuttavia, en si trattando di rappresentazione fatta per essere messa su un altare,
sarebbe importante andare ancora un poco avanti nella narrazione biblica
perché, il patto tra Dio e il popolo finisce con Mosè che obbedendo a Dio,
costruisce un altare per offrire sacrifici a Dio che si rivela.
«Farai per me un
altare di terra e vi sacrificherai sopra i tuoi olocausti, i tuoi sacrifici di
comunione, il tuo gregge e i tuoi armenti: in ogni luogo in cui ricorderò il
mio nome, verrò da te e ti benedirò. Se farai per me un altare di pietra, non
lo costruirai di pietra tagliata, perché colpendolo con la tua lama lo
profaneresti. E non salirai al mio altare per mezzo di gradini, perché là non
si mostri la tua nudità»[23].
Conclusione
Le tre tavole dell’altare di Verdun
sono, chiaramente, una lettura tipologica degli avvenimenti scrituristici e
fanno riferimento all’unico sacrificio: quello di Cristo. Nel caso della tavola
centrale – della venuta dello Spirito Santo – è in stretta consonanza con
quelli delle due altre “età”. Anzi, è la certezza di che, su questo altare,
fatto da Verdun, c’è la continuità del dono fatto a tutti coloro che erano
radunati insieme, nel giorno della Pentecoste; e, con questa rappresentazione,
Nicola evoca la consonanza tra la missione degli Apostoli e l’eucaristia
celebrata su l’altare fatto da lui.
VI – Bibliografia
Guerrini, P., «Il
liber figurarum» Florencia, 51 (2001).
Bibbia di Gerusalemme, Bologna, EDB, 199916.
BibleWorks™, 1992-2003 BibleWorks, LLC.
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