Perché sono ancora rimasto in questa
Provincia
Prendo l’imput dalla famosa frase del
filosofo tedesco Martin Heidegger per salutare i miei nuovi parrocchiani e
rispondere alla comune domanda sulla ragione del mio soggiorno in Italia e a
Viterbo. Però, prima di farlo, voglio presentarmi.
Mi chiamo Claudio Dionizio (Rocha Santos), nato a
Iguaí, nella zona di produzione del Cacao, nel nordest brasiliano. Sono il
penultimo di una famiglia di ben 7 fratelli. Figlio di mamma Maria, deceduta
nel 1996, e di papá Carlos, ancora in vita.
Dopo aver finito il Liceo Agrario, ho lavorato
come guida turistica a Maceió, città litoranea del nordest; e dopo aver messo
fine ad un fidanzamento durato quasi 3 anni; sono andato nello stato di Bahia,
ricercando me stesso e la mia vocazione. A Bahia feci il mio tirocinio agrario, ma alla scoperta della
malattia di mamma, la quale aveva un cancro, sono rientrato a casa per poter
assisterla. Ad Aracaju, città di 700.000 abitanti dove abitava la mia mamma, ho svolto il duro
mestiere di insegnante delle scuole elementari. Nel frattempo, scoprendo la mia
vocazione cristiana, feci la mia prima comunione (avevo 18 anni) e scoprii
progressivamente, la vocazione cristiana e sacerdotale. Nel mio cammino
sacerdotale ho fatto: 1 anno di seminario propedeutico nel “Seminario Minore
Sacro Cuore di Gesù” e 2,5 anni di Filosofia nel “Seminario Maggiore Nostra
Signora della Concezione” ad Aracaju; dopo di che, nel 1999 il mio vescovo mi
ha chiesto di andare in Spagna. Nell’Università di Navarra, a Pamplona, per due
anni ho studiato i principali trattati della filosofia ecclesiastica, e
iniziato gli studi teologici. Nel 2001, sono venuto in Italia, a Roma e dopo 3
anni sono stato ordinato presbitero.
Successivamente la mia ordinazione mi sono laureato in Sociologia presso “l’Università
Gregoriana”, ho dato tutti gli esami alla Facoltà di Filosofia “dell’Antonianum” e attualmente sto
conseguendo un dottorato di ricerca in Sociologia alla “Pontificia Università
San Tommaso in Urbe”.
A Roma sono stato cooperatore nella Parrocchia
Santa Paola Romana, alla Balduina, ho vissuto per 4 anni nel Collegio Pio Brasiliano. In questo
periodo ho avuto l’opportunità di conoscere Don Franco, parroco di Capodimonte
con il quale ho collaborato per gli ultimi tre anni.
Dato che le mie ricerche non mi obbligano di
frequentare la scuola, e, principalmente, per il fatto di sentire il bisogno
di vivere integralmente il mio ministero
abbiamo maturato, io, il mio Vescovo, Mons. Chiarinelli e Don Franco, la
conclusione, per farla breve, è… che oggi mi presento come il vostro nuovo
compagno di pellegrinaggio. Quanto durerà? Non lo so! So soltanto che voglio
vivere intensamente il momento presente. Alla fine, il futuro, appartiene a
Dio. Che Lui, il nostro Buon Pastore e la Sua Mamma, ci siano di guida in
questo pellegrinaggio che faremo insieme (C.
Dionizio, «Perché sono ancora rimasto in questa Provincia», Vita della parrocchia, Farnese, 09/11/2008).
Nelle due ultime edizioni di questo informativo
ero presentato come vostro futuro “parroco”. Eccoci qua per confermare quanto
preannunciato. Strada facendo, anzi, edizione dopo edizione, giorno dopo
giorno, domenica dopo domenica, insieme, approfondiremo meglio il nostro status,
il nostro ruolo e, anche, la nostra situazione canonica all’interno della
vostra, o meglio, della nostra Comunità. Per adesso, apro questa finestra di
dialogo con voi che partecipate all’Eucaristia domenicale e con tutti quelli
che, in contatto con La vita della parrocchia, vivono diversamente la
vita della nostra Parrocchia.
Il mio, come il vostro, è un dono e una scelta di
fede. Infatti, mettersi al
servizio di una comunità con una geografia, una storia, una cultura e,
addirittura, una tradizione religiosa diversa dalla mia è innanzitutto un dono
che la fede mi permette. Nel contesto storico in cui vivo, solo la fede mi
potrebbe permettere. Da parte vostra, accogliermi è ugualmente, un grande dono;
soprattutto in un mondo che paradossalmente predica i benefici della fine delle
frontiere senza sprecare però, l’opportunità di rimarcare negativamente altre
frontiere. Frontiere da molto eliminate dal progresso delle nostre civiltà come
possono essere le frontiere razziali e etniche. Per noi che siamo prima di
tutto cristiani, non esistono frontiere. La nostra città, la nostra polis,
la nostra Gerusalemme Terrestre è il mondo; il mondo bisognoso della presenza
fraterna e liberatrice della Parola viva e vivente.
Infine, vengo da voi con l’ardente desiderio di
mettermi in mezzo a voi essendo uno con voi. Con questo proposito, cogliendo
l’eredità del vecchio papa Giovanni Paolo II, mi permetto di affermare che
siamo invitati, in questo “Momento Opportuno”, di spalancare le porte a Cristo
sotto l’esempio del dono di tutti coloro che ci hanno preceduto. Essi, laici,
preti, religiosi/e, ci guideranno come una lampada indicandoci la strada da
percorre. Vi farò conoscere la mia storia, in attesa di trovare fratelli amici
e desiderosi di conoscermi e di dare a conoscersi collaborando all’edificazione
del Corpo Mistico di Cristo, una delle conseguenze del dono della fede. Che la
Divina Pastora, la Madre del Divin Pastore, Madonna delle Grazie ci sia vicina
in questo nostro pellegrinaggio. A Don G. il mio, anzi, il nostro grazie, la
nostra preghiera in questa nuova tappa della sua missione cristiana e sacerdotale
(C. Dionizio, «Il dono della fede», Vita della parrocchia, Farnese, 12/10/2008).
Gioiosamente, l’edizione speciale del Vita
della parrocchia di Farnese, ha suscitato delle reazioni; delle belle e
buone critiche e, meno male, nuove adesioni. Questa edizione, conta la
collaborazione di B. Lei, agilissima con il cervello e con la tastiera, ci ha
permesse di fare in tempo de chiudere il giornale prima di Natale. Il nostro
caro Dottore ci ha dato a conoscere la vita del oratorio nei suoi tempi aurei.
È bello sapere che lo spirito di don Bosco e il protagonismo laicale – tanto
caro al Concilio Vaticano II – erano alla base della vita oratoriale. Possiamo
reimpostare questo istrumento di educazione alla vita civile e cristiana?
Quelli che si sono fatti vicini sanno che è questo il mio desiderio. Però,
prima, è necessario rispolverare tutto: la nostra memoria, la nostra adesione,…
e, soprattutto, la nostra immaginazione. Facciamoci coraggio! Dando continuità
alla raccolta delle esperienze delle nostre catechiste, questo mese abbiamo due
importanti segnalazione della interpretazione della metodologia catechetica: A.
ha dato una impronta mistica alla sua vocazione catechistica. Per lei, i bimbi sono
presenza di Cristo nella sua vita e, allo stesso tempo, chiamati a assumere lo
stesso ruolo per i loro compagni di scoperta dell’avventura cristiana. O.,
invece, ci lascia quasi un testamento: i suoi ricordi e ringraziamenti mi hanno
fatto pensare alle mie prime catechiste, quando ancora stavo imparando le prime
lettere dell’alfabeto. Erano suore Mediatrici della Pace. E a vuoi: a chi vi
ricorderà? La esperienza personale di Jessica fu raccolta già alla prima
edizione di questo giornale. Ma, come possiamo immaginare, le bellezze della
vita non sempre sono facilmente esprimibili. Ecco qua il suo gioiello condiviso
con tutti i ragazzi che vivono situazione analoghe alla sua.
Per la mia completa meraviglia, i giovani che
hanno fatto la Cresima quest’anno vogliono darsi da fare. Pur non avendo
accompagnato da vicino la loro traiettoria, spero di poter essere d’ora in poi,
loro compagno di avventura. Infine, grazie ai fedelissimi: a quanti sin dal
principio, hanno aderito alla proposta del giornalino. Aderito e perseverato.
Siete la mio rifugio e il mio baluardo! Grazie!
E a voi, nostri lettori e lettrici, auguro un anno
novo pieno di serenità e pace. Che l’angelo santo vi custodisca e protegga.
Buona lettura e, a presto! (C. Dionizio,
«Facciamoci coraggio!», Vita della
parrocchia, Farnese, 31/12/2008).
Lasciando alle spalle i primi mesi di adattamento
e di mutua conoscenza, possiamo cominciare ad avviarci verso una partecipazione
più serena e autentica nell’edificazione della nostra comunità.
Sulla scia del patrimonio ereditato dai miei
predecessori – Don Giuseppe Benigni, Nazareno, Roberto, Mario, Gualberto –
voglio, con voi, dare un volto più partecipativo
alla nostra Comunità ecclesiale. Alla base della nostra impresa sta
l’immensa voglia di vedere la nostra comunità più omogenea in tutto quello che
riguarda all’adesione a Cristo; a nostra adesione e la nostra scelta di
seguirlo.
Percorre la strada di Gesù richiede la capacità di
abbandonarci in mano al nostro cicerone e fidandoci di Lui in maniera piena e
senza guardare indietro, come facciamo spesso. Per esempio, il Popolo, dopo di
essere stato liberato dalla schiavitù egiziana, si lamentava spesso di Mosè e, addirittura, si permetteva di
ricordare con nostalgia i giorni in cui non erano in grado di decidere dove
andare, cosa mangiare, dove dormire. Pur essendo un Popolo di dura cervice, Dio
veniva spesso al loro incontro dando l’acqua, dando la manna,… fino al
raggiungimento della terra promessa.
Dio ci fa lo stesso. Lui, da me e da te richiede
soltanto di non abbandonarlo mai. Dio si è fidato di Mosè, del suo Popolo non
sempre fedele,… si fida di noi, andando oltre le nostre infedeltà; però, da
noi, aspetta il coraggio di riconoscerci come siamo veramente: creature sue,
popolo eletto, nazione chiamata alla continua ricerca della santità. Ecco il
sinonimo teologico della cosi desiderata felicità. Parafrasando la massima
biblica: la vera felicità viene raggiunta nella misura in cui cerchiamo Dio con
tutto il nostro cuore, con tutto il nostro animo. Inspirato nelle parole del
Concilio Vaticano II: solo Cristo può rivelare l’uomo all’uomo stesso, perché
ogni ricerca sincera di se stesso ci porta a Dio che è la ragione e la causa
ultima della nostra esistenza. Cosi, fratelli e sorelle, avvicinandoci a
Cristo, nostro fratello, avviciniamoci a noi stessi, al nostro prossimo, al
mondo. Ecco la via da percorrere in questo mondo: la via della sequela di
Cristo. Che Lei, la nostra Madonna Santissima delle Grazie, ci possa guidare la
pascolo del suo Figlio, il nostro Divin Pastore (C. Dionizio, «Avviciniamoci», Vita
della parrocchia, Farnese, 30/01/2009).
L’ipocrisia
è un omaggio che il vizio rende alla virtù
Questo mese fu un mese insolito, festivo,
celebrativo,... in cui ho avuto l’opportunità di meglio conoscere un’altra
parte del volto di Farnese e dei miei parrocchiani. Credo che sia stato anche
il mese i cui voi, miei parrocchiani, avete conosciuto un’altra parte di me,
della mia psiché e del mio ruolo dentro della nostra Comunità. Fu,
ancora, il mese in cui ho avuto la gioia di consegnare un’altro capitolò del
mio dottorato di ricerca; notti in cui non potevo guardare l’orologio perché,
essendo il tempo non soltanto matemático ma anche psicologico, scappava dalle
miei mani. Tempus fugit! Avevano ragioni i latini!
La Festa si Santo Isidoro, per esempio, rivelò il
volto nascosto delle nostre tradizioni, quelle radicate nel nostro inconscio,
profondamente rurale. Purtroppo, ho perso l’opportunità di fare una bella
preghiera al Patrono in piazza. L’anno prossimo, sprecheremmo la stessa
opportunità? Chiedo scusa se qualcosa non è stata gradita da tutti. Sapete
com’è: non siamo perfetti; la festa si costruisce insieme e con profondo
spirito cristiano,… con richiamo alla pace e al perdono,… con la capacità di andare
oltre.
La Madonna delle Grazie. Festa molto sentita.
Abbiamo visto dei sacerdoti che qui e nei dintorni hanno dato e danno la vita
per far crescere il Regno. Ho notato però, che manca ancora lo spirito di
collaborazione. La parola vuol dire lavorare con e non lavorare per.
O collaboriamo con chi ha il munus di guidare il gregge e edificare il
Regno, o facciamo spazio per chi abbia la voglia di farlo.
Per l’anno prossimo, vogliamo costituire un
comitato?
Per finire, proprio per mancanza di spazio, voglio
lasciare questa massima di François de La Rochefoucauld: L’ipocrisia è
un omaggio che il vizio rende alla virtù. Possiamo prendere come
base per una seria e profonda riflessione sul nostro modo di vivere gli eventi
che la temporalità, nel mese di maggio, porta con se. Evviva Sant’Isidoro!
Evviva Maria! (C. Dionizio, «L’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende
alla virtù», Vita della parrocchia,
Farnese, 30/05/2009).
Il
GrEstinho è...come definirlo?
Una esperienza splendida che si svolge
nel primo periodo dell’Estate; un momento di crescita rivolto ai ragazzi e
bambini che hanno tra i 5 e i 10 anni; un'avventura da vivere per poterla
comprendere...Letteralmente GrEstinho sta per Gruppo Estivo, ma la
parola è ben più pregna di significato. Un significato che non può essere
facilmente spiegato ma deve essere per forza vissuto. E' ormai una tradizione
che va avanti da anni nella nostra Parrocchia e si spera che andando avanti con
il tempo diventi qualcosa che sia caratteristico e speciale per tutta la Comunità
di Farnese. Questi ragazzi cresimandi che preparano il GrEstinho lo
accolgono come momento di crescita personale e soprattutto come un modo per
mettersi al servizio del prossimo. È questo il nostro scopo e speriamo con
tutto il cuore che tutti comprendano che il GrEstinho non è “mettersi in
gioco”, “apparire”, "farsi adulti", ma è “SERVIRE!” umilmente e sempre
con animo gioioso...Quest’anno accompagneranno il nostro GrEstinho gli
abitanti della giungla e alcuni insoliti personaggi dell’Arca de Noè... insieme
a loro faremo capire ai nostri ragazzi le differenze tra vizi e virtù, tra
“l’istintività” e la razionalità, tra la mondanità e la cristianità.. Quest’anno
abbiamo bisogno di tutti voi....Vi aspettiamo!!!!!!! (C. Dionizio, «Il GrEstinho è...come definirlo?», Vita della parrocchia, Farnese, 12/07/2009).
Il frutto di un processo di
adattamento
Mi sento nel dovere di chiedervi scusa per i
ripetuti cambiamenti che ho dovuto fare nella nostra vita parrocchiale;
rompendo, così, i ritmi abitudinari della nostra Comunità. Questi sono il
frutto di un processo di adattamento che le circostanze ci impongono; sono
frutto dei miei bisogni di prete studente, sempre con delle scadenze da
rispettare, con dei viaggi a Roma da intraprendere. Tuttavia, oso pensare che possa
essere anche un bene per la vita della parrocchia, che, nel leggere questi segni
dei tempi, si sente chiamata a scoprire l’azione provvidentissima di un Dio
che ci assiste, che ci ama. Con un po’ di pazienza riusciremo a trovare le
modalità giuste per meglio sfruttare le risorse che la nostra Comunità ci
offre, per esempio, le bellissime Messe ritmate dal armonico canto delle nostre
sorelle Clarisse.
Dal primo agosto, con i nuovi orari e luoghi della
celebrazione comunitaria della Messa parrocchiale, potremmo accogliere i
preziosissimi doni che queste realtà sono disposte ad offrirci. IN QUESTA
LINEA, la Messa dalle nostre sorelle Mercedarie ci danno la possibilità di
avvicinarci a Gesù; ad un Gesù che ci aspetta trasfigurato nel volto di ogni
anziano che si siede accanto a noi durante la Santa Messa prefestiva del
sabato. Prima e dopo la Messa è sempre gradito il nostro soffermarci a
ascoltarli e a scambiare due parole con loro, che sono una potente sorgente di
saggezza e di voglia di vivere.
I segni dei tempi, in questo tempo, sono questi.
Mi auguro possiamo essere in grado di cogliergli. Altrimenti, servirà solo per
fomentare un’ennesima chiacchiera. Vi voglio bene! Evviva la Madonna delle
Grazie e delle Mercede! Evviva i santi Chiara Rocco e Isidoro! (C. Dionizio, «Il frutto di un processo di adattamento»,
Vita della parrocchia, Farnese,
19/07/2009).
Cari parrocchiani, cari farne sani, siamo immersi nell’estate e il caldo soffocante ci spenge sempre verso l’acqua - del mare, del lago,
delle terme,… e è giusto che sia cosi! Periodo di vacanze richiede un cambio di
attività, come direbbe Don Bosco, senza, però, dimenticare che Dio non và mai
in vacanza; che Lui ci attende sempre, ci accompagna sempre, ci ascolta sempre.
E noi, durante l’estate, cerchiamo Dio? Come ci regoliamo con la Messa
domenicale? E la preghiera personale? A questo proposito, fate attenzione ai
nuovi orari di Messa in parrocchia. Siate previdenti: se la domenica vogliamo
rimanere tutto il giorno al mare, anticipiamo il nostro incontro festivo con
Cristo andando, o alla Messa de sabato pomeriggio, dalle Mercedarie o, alla
Mattina presto, dalle Clarisse.
Ringrazio ancora a tutti coloro che hanno
collaborato con la realizzazione del Grestinho: le mamme e i cresimandi
di quest’anno, le suore Mercedarie, il sindaco e il direttore della riserva del
Lamone ed gli impiegati delle due istituzioni. Nel riguardo dei cresimandi devo
dire che ho scoperto in loro delle proprie e vere perle in loro: la voglia di
fare, l’amicizia, il rispetto, la voglia di mettersi in gioco,… sono dei bravi
ragazzi che - credo, confido e spero -
diventano più consapevoli della loro importanza nella vita della
Parrocchia. In questo giorno mi domandavo: che faranno dopo la Cresima?
Abbracceranno la causa dell’Oratorio, della Catechesi, della Caritas?
Parteciperanno più assiduamente alla Messa domenicale? Che lo Spirito Santo di
Dio sia la loro guida nella presa di coscienza della loro ruolo dentro della
vita della Parrocchia di Farnese.
Cosa faremo, io, i loro genitori, la Comunità
parrocchiale, per accogliere il Santo padre in Diocesi (vi ricordate: sarà il 6
settembre)? Buona estate! (C. Dionizio,
«Immersi nell’estate», Vita della parrocchia, Farnese,
02/08/2009).
L’indizione dell’anno sacerdotale da parte del
Santo Padre ci dà l’opportunità di meditare sull’importanza del sacerdote nella
nostra vita e nella vita della società, offrendo, ai credenti, l’occasione di
ricordare tutti i preti che ci hanno affiancato. Nelle nostre menti, ogni volta
che viene pronunciata la parola prete – o, più farnesanamente, arciprete –
appare, o come un dipinto o, come in una pellicola fotografica, dei ricordi
legati alla vita e all’azione di questi ministri della Parola e
dell’Eucaristia. Tra le tante immagini, quella del cura d’Ars, piccolo paesino
vicino a Lion, in Francia, ci si presenterà spesso perché, presentato dal papa
Pio XI come modello per tutti i parroci, sta per essere presentato come modello
per tutti i sacerdoti del mondo dal nostro attuale Romano Pontefice.
Personalmente, il mio primo ricordo di SAINT
JEAN-MARIE VIANNEY è dato dall’evocazione di un’immagine sacra arrampicata tra
le scale del primo e secondo piano dei dormitori del Seminario Minore Sacro
Cuore di Gesù, ad Aracaju, dove ho fatto il Corso Propedeutico. Era quella
un’immagine che inspirava molta devozione: di un anziano prete, in talare e
cotta, mani poste, magrolino e di sguardo amabilissimo. La sua faccia mi
colpiva. Sciupata, con una bocca priva di denti o di dentiera; l’immagine di un
anziano prete santo, privo di bellezza esteriore. Un pretino anziano e
bruttino.
Quando studiavo in Spagna ho trovato nella
biblioteca del Collegio Bidasoa, dove abitavo, una biografia del santo molto
interessante; una traduzione spagnola dell’originale francese scritto da Mons.
Francis Trochu, de 1925, una delle prime biografie di don Vianney; fondata
sulle testimonianze di persone che hanno vissuto e collaborato con il Curato e,
sugli atti del processo di canonizzazione di questo pastore di una comunità
ancora più piccola della nostra. Molto più piccola. Con la mia immersione nel
libro ho scoperto che don Giovan Maria era finito sdentato perché qualcuno,
quando lui era ancora in vita, pagava una cifra non indifferente pur di avere
un ‘ricordo’ del pretino con fama di santo. Lui, con il tempo, ha ceduto a
richieste del genere, anche se era convinto di non essere un santo. Lo faceva
perché il ricavato andava per le missioni, come sostegno economico ai
missionari sparsi per il mondo.
Appena ho avuto qualche soldino in tasca, sono
andato alla Libreria Universitaria di Pamplona e ho acquistato un esemplare
dove fosse possibile scrivere le mie impressioni, le mie preghiere, le mie
meditazioni perché il libro fu la base per la mia lettura spirituale di alcuni
mesi. Il mio libro, a differenza di quello della biblioteca, conteneva alcune
fotografie – della sua canonica, rimasta come ai tempi suoi, del paese, della
chiesa, dell’urna contenente il suo corpo – che aiutavano la mente per meglio
inserirsi nel mondo del santo. Ho promesso a me stesso che non avrei lasciato
sprecato la prima opportunità di andare da lui, in quel paesino sperduto oltre
i Pirinei, per condividere la quotidianità della vita di don Vianney. Infatti,
nell’estate del 2003, in occasione alla preparazione dell’ordinazione
presbiterale, mi sono ritirato proprio li, nel luogo che tuttora conserva la
memoria del pretino ‘paesano’, di poca erudizione, fisicamente bruttino e, pur
sempre, modello per tutti i sacerdoti del mondo (C. Dionizio, «Memoriale di Ars», Vita
della parrocchia, Farnese, 01/08/2009).
Tutto è grazia!
Cari parrocchiani, si avvicina il giorno della
nostra partenza per il Brasile (nostra perché, quest’anno, avrò il piacere di
portare con me alcuni miei amici farnesani). Sto provvedendo ad un sostituto
che possa assiste la Comunità in tutto quello che riguarda all’amministrazione
dei sacramenti. Prossimamente vi faro conoscerlo. Lui mi sostituirà e celebrerà
la Santa Messa Nei giorni e orari scritti nel fogli degli orari delle Messe.
Fate attenzione!
Altro punto che vorrei sottolineare è che i
giornalino, come avete visto, sta andando avanti. Grazie alla contribuzione
delle persone che vogliono dire la sua da Cattolici inseriti e corresponsabile
dell’evangelizzazione, persone che trascendono i limiti delle simpatie e della
solita nostalgia insana e ci provano a vivere il presente e edificare il futuro
della nostra comunità. Grazie a tutti voi! Purtroppo, non siamo ancora al punto
di poter affidare ad un gruppo la stesura e stampa di tutta l’edizione. Ci
vuole tempo! E, proprio per questo, in mia assenza, il bollettino parrocchiale
sarà sospeso. Ci ad ottobre. Per eventuali avvisi, guardate la bacheca della
Chiesa parrocchiale.
Tra le novità – ci saranno ancora – del nuovo anno
pastorale, ci saranno: quello dei giorni del catechismo, già fissato;
l’apertura del Oratorio; la data del giorno della Cresima. Ci vediamo, a Dio
piacendo! (C. Dionizio, «Tutto è grazia!»,
Vita della parrocchia, Farnese,
01/09/2009).
Andrò a vederla un dì
La Solennità di tutti i Santi, che celebreremo
domenica prossima, ci fa pensare ai modelli più alti della Santità Cristiana. E
ciò è per noi un richiamo alla vocazione alla Santità, che tutti abbiamo
ricevuto nel Battesimo: tutti infatti siamo chiamati a ricopiare in noi il
volto e i sentimenti di Gesù Cristo. Mentre perciò ci uniamo alla schiera
immensa di Coloro che dinanzi al Trono di Dio benedicono il suo nome,
consapevoli che il maggior ostacolo alla Santità è il peccato, domandiamo
perdono al Signore dei nostri peccati perché la vocazione alla santità non è un
qualcosa che riguardi il nostro futuro, anzi, è una realtà attualissima, che fa
riferimento al nostro modo di vivere, di pensare, di guardare, di gestire il
mondo e le sue risorse; è, ancora, per evocare il grande cristiano e politico
La Pira, la santità cristiana ci collega non solo a noi stessi, ma, ancora, al
nostro rapporto, con Dio, con gli altri, con il mondo e, è vero, con noi
stessi. Di fatto, i comandamenti fanno riferimento al nostro modo di
rapportarci con queste realtà. Siamo essere di relazione e, dal nostro modo di
relazionare con queste realtà nasce la serena certezza di che, come dice il
canto mariano “andrò a vederla un dì, in
Cielo patria mia. Andrò a veder Maria, mia gioia e mio Amor. Al ciel, al ciel,
al ciel, andrò a vederla un dì. Al ciel, al ciel, al ciel,andrò a vederla un dì”
(C. Dionizio, «Andrò a vederla un dì», Vita della parrocchia, Farnese,
25/10/2009).
La vita è fatta anche della
quotidianità
Il mese di novembre ci ricorda che la vita è fatta
anche della quotidianità, possiamo dire, soprattutto della quotidianità. È il
periodo in cui tutto sembra sempre ripetersi: la rutine della scuola, del
lavoro, della solita uscita in piazza, al bar, dell’incostante atteggiamento
climatico,... invece, novembre ci presenta un’altra faccia del susseguire delle
vicende personali e cittadine: il carattere irripetibile di ogni azione, di
ogni avvenimento, di ogni fatto sociale. È il mese un cui ricordiamo la nostra
vocazione alla santità, svelando il progetto di Cristo - siate santi come il
mio padre è santo;… siete immagine e somiglianza di Dio -, nella solennità del
primo del mese.
Il giorno dopo, ricordiamo i nostri morti e tutti
i fedeli defunti. In questo contesto, ci rendiamo conto di quanto sia breve la
vita e di quanto, spesso, sprechiamo del nostro tempo con cose che non
aggiungono niente alla meta del nostro “pellegrinaggio in terra”. Quante cose
potevamo fare per meglio indicare ai nostri amici, parenti e, ci azzardiamo a
dire, ai nostri nemici, avversari; ‘cose’ che potrebbero indicare la nostra
fatica e la nostra voglia di seguire Gesù. È qui che l’impegno religioso,
professionale, accademico,… è qui che i nostri ruoli in società fanno la differenza e diventano segnalatori
della nostra voglio di cielo, che dimostrano di quanto siamo sale per la terra
e luce per il mondo.
Il giornale di questo mese ci aiuta a cogliere
queste realtà già presenti in mezzo a noi. Infatti, troverete una bella
motivazione per meglio vivere i giorni dedicati alla memoria dei fedeli
defunti, una relazione sintetica dei nostri impegni parrocchiali nei mesi di
settembre/ottobre, il motivanti articolo-testimonianza di Orietta, la voglia di
mettersi in gioco dei ragazzi della III-D che si preparano per la Cresima, un
album con i nomi e le foto dei bambini di Aracaju presi in adozione a distanza
e le foto della nostra visita a sorpresa in asilo. Concludiamo il giornale di
questo mese con l’articolo di Lorenzo, che porta avanti l’impegno di aiutarci a
entrare nella logica dell’ultima Enciclica del Papa. Buona lettura! (C. Dionizio, «La vita è fatta anche della quotidianità»,
Vita della parrocchia, Farnese,
30/10/2009).
Esistenza cristiana, esistenza
paradossale
Passata l’estate e le nostre vacanze brasiliane,
torniamo all’ esposizione e allo scambio di idee; e, sopratutto, al nostro
arricchimento umano e spirituale per mezzo di queste pagine mensili.
Vogliamo ricordare e ringraziare Dio per il dono
della venuta del Papa in diocesi. Eravamo pochi - penso a noi, farnesani - e
buoni. Abbiamo vissuto come un momento della vita della Parrocchia. Vogliamo,
qui, lasciare la testimonianza, anonima, di una giovane coppia che ha
rinunciato alla comodità del viaggio nella loro auto per, vivere questo momento
insieme. Grazie a quanti hanno capito lo spirito dell’iniziativa. Abbiamo,
inoltre ricavato delle offerte che sono state consegnate a Don Giovanni Bisti,
responsabile per la raccolta di queste offerte per la “carità del Santo Padre”.
Con lo stesso spirito, siamo stati convocati dal nostro pastore al Convegno
Diocesano, alla Quercia. Sono stati tre giorni di convivenza e di arricchimento
per quanti hanno dato l’adesione all’iniziativa. Nell’ultimo giorno il nostro
vescovo ci ha aggraziato con una relazione che aveva come tema “Esistenza
cristiana. Esistenza paradossale”. Alla fine, siamo usciti con la
sensazione che ci sono 1000 ragioni per vivere in serio la nostra fede, la
nostra intera esistenza.
Vogliamo in nome di tutta la Comunità ringraziare
a quanti hanno collaborato con l’andamento della nostra Parrocchia durante le
nostre vacanze. Un grazie speciale a Pierino; alle Clarisse, per l’attenzione
dispensata a don Marcos; a Anna, Pina e Mario. Infine, a tutti, anche quando
non nominati in queste brevissime righe.
Infine, proprio in questi giorni in cui preghiamo
più intensamente per i fedeli defunti, mi associo ai famigliari di quanti ci
hanno preceduto nell’eternità durante la nostra assenza in parrocchia: Lorenzo
B., Lidia L., Lelio P. e Luigia V. L’eterno riposo, dona a loro o signore,
risplenda ad essi la luce perpetua (C.
Dionizio, «Esistenza cristiana,
esistenza paradossale», Vita
della parrocchia, Farnese, 30/10/2009).
Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene
chiesto in cambio (A)
Nei prossimi numeri del nostro ‘giornalino’
approfondiremo questa tematica inspirata nel omonimo opuscolo di don Carlo
Crovetto. Il tema è molto interessante perché attualissimo e, anche, perché ci
fa riflettere sulla Chiesa come Popolo di Dio, deve tutti veniamo
inglobati, nessuno escluso, tutti convocati ad impegnarsi - ognuno nel in quello che gli è proprio -
, nella manutenzione viva e operosa
della parrocchia al punto di far in modo che questa possa adempiere la sua
missione. Quale missione? Essere fonte che disseta e nutre l’anima, che
accoglie e dà rifugio a quanti credono che solo da Gesù Cristo ci vengono la
parola e la grazia che possono dare senso e spessore alla nostra esistenza.
Come possiamo già intravedere, più che una comunità intessa in senso
sociologico, la Chiesa - e la parrocchia si trova al interno di questa, ne fa
parte - è una realtà mistica, il Corpo mistico di Cristo. Dell’unica
chiesa di Cristo fanno parte la Chiesa militante, che siamo noi, pellegrini nel
mondo; la Chiesa purgante, che accoglie le anime dei nostri fratelli che si
purificano nel purgatorio; e, la Chiesa trionfante, la Chiesa celeste, composta
dai nostri fratelli, i santi. Siamo, tutti, membri di questa stessa famiglia:
sia che si trovino come viatori su questa terra, o sofferenti nel Purgatorio, o
coronati nel cielo. Siamo figli dello stesso Padre, bramosi di trovarci un
giorno assisi alla mensa celeste. Proprio perché crediamo nella comunione
dei santi, scopriamo che la Chiesa Cattolica non rimane limitata sulla
terra, va oltre la capacità visiva dei nostri occhi.
La nostra Chiesa è nostra non perché sia una
nostra proprietà, come pensano e diffondo alcuni, e, sì, perché in questa siamo
accolti nel Battesimo, diventiamo membra di questa realtà terrestre, purgante e
celeste che abbraccia tanti milioni di anime sparse sulla superficie del globo,
raccogliendo milioni e miliardi di generazioni, poiché tutti coloro che dal
principio del mondo fino ad oggi sono morti in essa comunione - e nel esercizio
della carità - appartengono al Popolo di Dio che dà forma al Corpo mistico di
Cristo che è la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Da qui, da onde fondiamo la ragione di essere
delle nostra parrocchia, comunità di comunità, partiremo col scoprire cosa
chiediamo alla nostra parrocchia e, cosa, in cambio, la parrocchia ci chiede.
Il punto di partenza è la riscoperta
della parrocchia, cosa sia, a che serve, cosa fa, cosa ci offe e ci chiede. Una
tale riflessione ci spingerà verso la scoperta dei sacramenti, segni
visibile di una realtà invisibile, che il Signore stesso la scelto per
trasmetterci la grazia, ossia, per unirci come un tralcio alla vite (Cf. Gv 15,
1-8). Tra questi ‘segni’ verremo: il Battesimo, la Cresima, l’Eucarestia, la
Penitenza o Confessione, l’Unzione dei malati e, il Matrimonio (C. Dionizio, «Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene
chiesto in cambio (A)», Vita della
parrocchia, Farnese, 08/11/2009).
Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene
chiesto in cambio (B)
La settimana
scorsa siamo stati introdotti nel mistero della Chiesa, dentro di questo,
nell’affascinante identità e vita della parrocchia. Si può dire,
tranquillamente, che siamo stati invitati a scoprire il volto della Chiesa che
è uscita dal Concilio Vaticano II; il volto di una chiesa che si rivela non più
una Società perfetta, ma un Popolo di Dio (cf. Lumen Gentium),
più umile e più collegiale, una chiesa in cui tutti, per la grazia del
Battesimo, hanno un ruolo. Tutti: i membri della Chiesa Militante, Purgante e
Trionfante.
Nella Parrocchia
a cui apparteniamo – badiamo bene: appartenere non è possedere –, ci si
battezza, ci si sposa e si riceve la Prima comunione, la Cresima, si fanno
suffragi per i defunti. Insomma, la parrocchia aggrega la comunità dei
battezzati che vi abita attorno e anima la loro crescita umano-spirituale.
L’arciprete è il sacerdote che ha ricevuto dal vescovo il compito di guidare la
comunità e cioè di orientare e sostenere i fedeli nella pratica dell’amore
di Dio e del prossimo; e, lo fa promuovendo la preghiera. Da seguaci di
Cristo si prega in due modi: individualmente, quando ci raccogliamo e
dialoghiamo con Dio. La preghiera individuale è quella che abbiamo imparato dai
nostri genitori, dai nostri nonni, dalle nostre catechiste e che ci aiutano a
intraprendere il dialogo con il Signore. Tuttavia, da seguaci di Cristo,
sull’esempio della Trinità Santa, siamo vocazionati alla vita comunitaria.
Siamo, comunitariamente vocazionati a pregare in unisono a Dio. La Santa Messa,
la recita dei salmi, la celebrazione dei sacramenti, le processioni e le
commemorazioni solenni dei misteri della fede cristiana sono le più profonde, belle e complete modalità di preghiera
comunitaria. E, è per questo che l’arciprete e chiamato a fare crescere nei
fedeli la grazia di Dio mediante la celebrazione dei sacramenti. È per questo
che, a lui come pastore del gregge ricade questo compito. Suona strano, al meno
da questa prospettiva, quando qualcuno pretende scegliere, selezionare il dove
e il chi amministra a loro i sacramenti in parrocchia. Un tale atteggiamento
riflette la nostra immaturità cristiana. Un certo teologo riflettendo, diceva:
se l’uomo, perché uomo, è filosofo; il cristiano, perché cristiano, è
teologo. Questa ricerca delle ragioni del nostro credere ci ha spinto fino
a qui: a imparare il vero senso dell’appartenenza alla parrocchia, e del nostro
luogo in essa.
L’altra dimensione del compito
educativo della parrocchia è l’amore del prossimo. È compito doveroso
dell’arciprete sollecitare l’amore del prossimo attraverso l’individuazione di
tutti i casi che reclamano aiuto, organizzando le risorse della parrocchia –
umane, materiali, morali – in modo da corrispondere alle attese di chi ha
bisogno, specie degli ultimi e dei dimenticati, dei malati e di chi è ridotto
in solitudine. Perché si possa concretizzare, questi progetti devono essere
sostenuti dalla collaborazione dei parrocchiani. Sostenere, incoraggiare non è
soltanto qualcosa di auspicabile e, sì, qualcosa di gradito a Dio. È lui che ci
dice, Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli,
ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21).
Infatti, questa è la sua volontà: che
tutti abbiano vita in abbondanza! [Gv 10,10] (C. Dionizio, «Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene chiesto in cambio (B)»,
Vita della parrocchia, Farnese, 15/11/2009).
Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene
chiesto in cambio (C)
Tre settimane or
sono che abbiamo intrapreso questa percorso di riscoperta della nostra identità
religiosa. Nella prima settimana ci siamo introdotti nel mistero della Chiesa e
nella ricchezza della nostra appartenenza a questo Popolo regale, sacerdotale e
profetico che si rivela nel suo essere militante, purgante e trionfante. Già,
la settimana scorsa ci siamo trovati dinanzi alla parrocchia come realtà che
aggrega tutti i battezzati. Aggrega, anima e viene animata dai battezzati.
Abbiamo scoperto il suo volto formativo a livello individuale e comunitario.
Oggi cominceremo a riscoprire i sacramenti; e, nelle prossime settimane, saremo
interpellati sul perché chiedere alla Chiesa, alla nostra parrocchia, questi
segni; e, ancora, cosa ci chiede, in cambio, la parrocchia.
Leggiamo nel
Vangelo di san Marco 8,22-25, che Gesù guarisce un cieco toccandogli gli occhi
con la saliva e imponendogli le mani sul capo. Toccare gli occhi e imporre le
mani sono gesti simbolici che Gesù compie perché tutti capiscano che la
guarigione del cieco avviene per volontà e per amor suo. Non è certo la
saliva che può restituire la vista a un non vedente.
Per trasmettere
la grazia, ossia per unirci a lui come un tralcio è unito al tronco della vite,
Gesù ha scelto alcuni segni che chiamiamo sacramenti. I segni sono: l’acqua,
l’olio, il pane, l’imposizione delle mani sul capo. Questi elementi assumono un
significato particolare grazie alla formula pronunciata dal sacerdote.
I sacramenti
voluti da Gesù sono sette: Battesimo, Cresima, Eucarestia, Confessione, Unzione
dei malati, Matrimonio, Ordine.
In questo senso,
nel Battesimo si usa l’acqua, nella Cresima e nell’Ordine l’olio e
l’imposizione delle mani, nell’Eucarestia il pane, nell’Unzione dei malati
l’olio degli infermi. Nella Confessione e nel Matrimonio sono segni del
sacramento la volontà di staccarsi dal peccato unita al dispiacere di aver
offeso il Signore - e di conseguenza, come parte della realtà creaturale, di
aver offeso alla nostra stessa dignità, alla dignità del prossimo e al mondo
creato da Dio - e, per gli sposi, la volontà di unirsi l’uno all’altra per
tutta la vita.
Per chi crede in
Gesù c’è un sacramento adatto a ogni età della sua vita. Il Battesimo per
quando si viene alla luce, la Cresima per quando si è nell’età
dell’adolescenza, il Matrimonio o l’Ordine per quando si diventa adulti,
l’Unzione dei malati quando si è gravemente malati e la Confessione e
l’Eucarestia per i momenti più importanti di tutto il corso della nostra esistenza, quando abbiamo
estremo bisogno di essere aiutati da Gesù a risollevarsi dal male e ad essere
spinti a praticare l’amore di Dio e del prossimo.
Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene
chiesto in cambio (D)
Gesù parlando con un’anziano israelita di nome
Nicodemo, disse: “in verità ti dico che se uno non nasce da acqua e da Spirito
non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). E san Paolo: “Dio ci ha salvati
mediante il lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo…
perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza,
della vita eterna” (Tt 3,5).
Noi chiamiamo Battesimo questo lavacro di
rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito.
Chi può ricevere il Battesimo? Chi lo chiede essendo convinto che solo Gesù può
aprirci la strada che conduce alla vita eterna.
Perché si usa battezzare i neonati che ovviamente
non possono ancora esprimere alcun desiderio? Perché il padre e la madre, se sono credenti,
ritengono che ricevere il Battesimo sia un privilegio di cui non vogliono
privare il loro figlio che amano più di se stessi.
Chiedendo il Battesimo per il figlio i genitori si
impegnano ad educare in modo che lui, crescendo, apprezzi il fato d’essere
stato introdotto nella grande famiglia dei figli di Dio ed eredi, in quanto
tali, della vita eterna.
A partire dagli anni sessanta la
celebrazione del Battesimo mira a coinvolgere non solo la famiglia del neonato
ma tutta la comunità parrocchiale e per questo si preferisce ammettere al
Sacramento più neonati, fissando la celebrazione del rito in tempi e orari
definiti in anticipo.
Almeno un mese prima della data scelta
per il Battesimo della propria creatura i genitori ne chiedono direttamente al
parroco l’ammissione al sacramento.
Nel frattempo essi richiamano alla
propria mente quale sia l’importanza di tale ammissione, rendendosi così
consapevoli del fatto che si è stato ha ottenuto l’elevazione alla dignità di
figlio di Dio, di membro della Chiesa e di candidato alla vita eterna.
Alla fine di aiutare i genitori a
raggiungere tale consapevolezza, ogni parrocchia potrebbe provvedere con una
serie di incontri mirati a far intraprendere ai giovani sposi un itinerario di
fede.
Quel che importa è convincersi che
l’orientare alla fede e all’appartenenza alla Chiesa di Cristo non significa
caricare di un peso la propria creatura, bensì dotarla di ali che le
permetteranno di volare in alto per tutto il corso della sua vita.
La settimana prossima, scopriremo
insieme la ricchezza del sacramento della Cresima, proprio in occasione della
Confermazione di alcuni dei nostri fratelli (C. Dionizio, «Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene chiesto in cambio (D)»,
Vita della parrocchia, Farnese, 29/11/2009).
Alla luce dei nostri giorni
Abbiamo iniziato il mese con la festività di tutti
i santi, il primo novembre, ricordando che Gesù e l’unica e vera sorgente di
santità per tutti noi cristiani. Nel pomeriggio di quello stesso giorno siamo
andati in processione verso il Cimitero. Ormai sono due anni che proviamo a
fare questo pellegrinaggio verso la dimora terrena dei nostri cari che ci hanno
preceduto nell’eternità. Dall’anno prossimo, escluderò del calendario questa
processione già che, pur sapendo della sua esistenza, non c’è l’adesione che mi
permetta di conservarla. Inoltre, tanti di quelli che partecipano alla Messa
pomeridiana di questo giorno vanno in macchina. Secondo me, sia per l’età della
maggior parte dei fedeli che partecipano a questa Messa, sia il freddo
caratteristico di questo periodo mi inducano a pensare che la cosa più salutare
sarà addire la processioni per i viali del cimitero, con la solenne benedizione
delle tombe e la preghiera del rosario per i morti. Rimaniamo cosi: al posto
del pellegrinaggio che parte dalla Chiesa parrocchiale si farà, nel primo
dicembre 2010, a Dio piacendo, una solenne processione dentro le mura del
cimitero con la benedizione delle tombe e la preghiera corale per i morti (C. Dionizio, «Alla luce dei nostri giorni»,
Vita della parrocchia, Farnese, 01/12/2009).
Cosa si chiede alla parrocchia e cosa ci viene
chiesto in cambio (E)
Ad una settimana della Cresima dei alcuni dei
nostri fratelli, vogliamo regalarli questa piccola esposizione sul sacramento
che hanno ricevuto.
Si legge negli Atti degli Apostoli (8,14) che gli
abitanti della Samaria avevano accolto la parola di Dio e che gli apostoli, da
Gerusalemme, vi inviarono Pietro e Giovanni i quali pregarono per loro perché
ricevessero lo Spirito Santo: non era infatti ancora disceso sopra nessuno di
loro perché erano stati solo battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora
imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
Quando una creatura nasce alla vita è ancora molto
limitata nell’uso delle sue facoltà. Deve crescere e diventare adulta per
potersi esprimere e per pensare ad agire responsabilmente.
Il cristiano nasce alla vita nuova grazie al
Battesimo e raggiunge la pienezza di quella vita ricevendo la Cresima.
La Cresima ci dà la pienezza dello Spirito Santo,
della sua grazia e dei suoi doni. I doni dello Spirito, che sono sette, ci
rendono disposti e docili a seguire le sue spinte, ci orientano a riconoscere
ciò che è vero (intelletto), individuare il da farsi (consiglio), a distinguere
ciò che vale di più e ciò che vale di meno (sapienza) e a stabilire come agire
in coretto (scienza). Ci dispongono inoltre ad essere buoni con il prossimo
(pietà), a non lasciarci intimorire da ciò che spaventa (fortezza) e a non
restare travolti da ciò che più attrae, distogliendoci da Dio (timore di Dio).
Ministro della Cresima è il vescovo in quanto
successore degli apostoli e capo della comunità cristiana. Egli impone le mani
sui cresimandi e unge la loro fronte con l’olio santo (cresima) benedetto nel
giorno di Giovedì Santo d’ogni anno.
Chi chiede l’ammissione alla Cresima si impegna a
vivere la fede del Battesimo e a partecipare attivamente alla vita della
comunità parrocchiale.
Chi, essendo in prossimità del Matrimonio, non
avesse ancora ricevuto la Cresima, deve rivolgersi al parroco che gli indicherà
come prepararsi (C. Dionizio, «Cosa si chiede
alla parrocchia e cosa ci viene chiesto in cambio (E)», Vita della parrocchia, Farnese, 23/12/2009).
François de La Rochefoucauld
(Parigi, 15/9/1613 – 17/3/1680), scrittore e filosofo francese, il più grande
scrittore di massime, e forse il rappresentante più completo dell'antica
nobiltà. Nacque a Parigi in un tempo in cui la corte reale oscillava tra
l'aiutare la nobiltà e il minacciarla. Di famiglia nobile, fu introdotto a
corte giovanissimo, partecipò a vari complotti contro il cardinale Richelieu e
contro il cardinale Mazarino [...]. Nel 1665 pubblicò la raccolta Riflessioni o
sentenze e massime, poi ampliata nel 1678: oltre 500 massime (Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_de_La_
Rochefoucauld_scrittore).
E, il mese di ottobre è tempo di
riempire il cuore di voglia di testimoniare. È il mese dedicato alla matura
riflessione e vivenza della missionarietà della nostra vocazione cristiana.
Mese del Santo Rosario. Iniziamo oggi questo mese intenso. La presenza del
nostro Vescovo ci dà la certezza che viviamo immersi in una profonda comunione
che ci conduce al Cristo stesso. A lui e alla Chiesa, suo Corpo Mistico. Ed è
da Cristo stesso che riceviamo la missionarietà come vocazione cioè, come
chiamata. Gesù ci ha lasciato il compito di portare avanti il suo lieto
annuncio di salvezza a tutti gli uomini, a noi stessi, alle nostre famiglie, ai
nostri amici, ai nostri compagni di lavoro o di scuola,… tutto il mondo è terra
di missione. Guardando intorno ci rendiamo conto che l’immagine del missionario
di barba e saio e delle suore immersi nell’Africa o in Amazonia, in mezzo agli indios dando a conoscere il messaggio di
Gesù e solo parte di ciò che il Maestro ci ha chiesto. Intorno a noi c’è tanta
ignoranza religiosa, tanta sete di verità e la nostra presenza in un contesto
simile diventa sale e luce. Con la nostra vita, se viviamo in Cristo, se siamo
suoi amici intimi, diventa segno di felicità, luce per chi non sa dove mettere
i piedi, di chi fidarsi, a chi credere. Una vita felice è un sentire piacevole.
Però, badiamo bene: la vera felicità è fare la volontà di Dio in ogni
circostanza della vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella
malattia. Con il Santo rosario in mano possiamo trascendere la noia delle
giornate autunnale, innalzando al cielo una umile preghiera, ad esempio di
tanti santi, per le persone vicine e lontane, amate e no. La preghiera del
Rosario, recitata con attenzione fede ha la potenza di strappare dalle mani del
Maligno le anime smarrite e agevolare l’attesa delle anime del Purgatorio. Per
questo che, durante tutto il mese reciteremo il Rosario comunitariamente in
Chiesa prima delle Messe. Mezzora prima, pregheremmo insieme, in modo
particolare perché il Buon Dio susciti nella nostra Comunità parrocchiale sante
vocazioni sacerdotali e religiose. Se sei tra coloro che non ce la fanno più a
venire a Messa, aggregati alla nostra preghiera. Vogliamo far sentire in cielo
la nostra corale supplica. Tante voci, nello stesso orario, clamando Dio,
perché mandi operai alla sua messe. Conto su di voi! E, in questo senso, scrivo
alcuni annunci.
Come negli anni precedenti,
inizieremo la catechesi nella prima settimana di ottobre. Siamo rimasti, alla
fine di maggio, che mantenevamo gli stessi giorni e orari dell’anno catechistico
precedente. Cosi, martedì, incontreremo i bambini che si preparano per la Prima
Comunione e venerdì per quelli della Confermazione. Sempre, nella stessa ora:
dalle 15 alle 16. A causa dei loro
impegni, gli immediati futuri cresimandi si incontreranno ogni venerdì, dalle
19 alle 20. Ancora non vi trasmetto l’elenco delle nostre sante e brave
catechiste perché, in questi ultimi giorni abbiamo avuto qualche nuova adesione
e anche, qualche evasione. Ognuno sa dei suoi impegni, capacità e buona volontà.
A tutti dico grazie , pregando, andiamo avanti.
Apro una parentesi per
ringraziare a Manila e Martina, indietro a loro, ci sono i loro audaci
genitori, che hanno fatto la prima prova di rivitalizzazione del Teatro
oratoriale. Un grazie alle mamme e ai loro amichetti che hanno prestigiato la
loro iniziativa. Ci vogliono persone come loro; sprovvedute di paura, capace di
rischiare e di andare oltre i giudizi di chi, vivendo nell’inerzia, cerca di
rendere la vita Comunitaria e paesana monotona. Avanti sempre! Come dice Gesù,
“Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si
volge indietro, è adatto per il regno di Dio (Vangelo di Luca, 9, 62).
L’anno scorso ho provato a
inserire nel percorso di catechesi la progressiva educazione dei bambini nel
senso di custodire le aule pulite. Purtroppo, per tanti fattori, il risultato
non corrispose alle mie attese. Per non
mettere a rischio la salute dei bambini e, soprattutto, mantenere il bel
rapporto di corresponsabilità con i genitori, ho ripristinato il vecchio
sistema. Dalla metà ottobre, vogliamo contare con l’aiuto dei genitori per la
manutenzione e pulizia delle stanze. Appena stamperemo i turni vi faremo avere.
Che Dio vi ricompensi!
Stiamo organizzando, con il
Maestro Stefano Calandrelli, il coro parrocchiale. Puntiamo sulla
partecipazione dei bambini e dei ragazzi, speranzosi della collaborazione
vostra. Appena avremo un giorno e ora fissi, vi faremo sapere tramite le
catechiste.
Alleggeremo, in questa edizione,
le date degli incontri, desiderosi di contare con la vostra presenza,
soprattutto, quando andiamo dai nostri anziani presso le Suore Mercedarie. Vi
assicuro che è cosi grande la loro gratitudine che neanche da lontano sentiamo
il peso dell’impegno assunto.
Fate attenzione all’orario delle
Sante Messe, da oggi, le celebrazioni rispettano l’orario invernale.
Un grandissimo augurio ai nostri
cresimandi. Ciò che avente raggiunto è una tappa. La meta è ben altra. Ci
vediamo a presto, con il nostro gagliardo gruppetto giovanile.
Infine, una preghiera per il
vostro Don che si trova nel crocevia della sua tesi dottorale. Vi voglio bene!